Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ ₁
Taemin PoV
«NON È POSSIBILE! SONO NUOVAMENTE IN RITARDO!»
La mia voce rieccheggiò nell'appartamento dove vivevo, mentre correvo per il piccolo ingresso con una Nike slacciata e una fetta di pane tostato fra le labbra.
Era inutile.
Più cercavo di essere puntuale è più finivo con l'arrivare in ritardo davanti alla fermata del bus, rischiando spesso di perderlo. E credo davvero che, anche quel giorno, l'avrei perso.
Scansaii una sedia, prendendo rapido la tracolla ed ignorando la camicia fuori dai jeans spiegazzati e con vari strappi sulle gambe, correndo a recuperare il cellulare e le chiavi di casa, prima di sbattere violentemente la porta alle mie spalle ed iniziare a correre a perdi fiato.
“Da qui alla fermata non mi ci vuole molto, no.” lo dicevo sempre mentalmente, ma finivo sempre come al solito: con il fiato corto e il bus ormai lontano.
Sicuramente vi chiedereti chi sia e, beh, sono stato abbastanza maleducato a non presentarmi in primis, ma a parlare della mia sfortuna con la puntualità.
Il mio nome è Taemin.
Lee Taemin.
Sono un ragazzo di diciassette anni che frequenta le superiori. Fin qui tutto normale, no?
Ma il fatto strano è che, questo diciassettenne, vive da solo, organizzando la propria vita come meglio può.
Come meglio potevo.
Non avevo mai conosciuto mia madre. A detto da quell'uomo che doveva essere mio padre, ma che scappò via due anni fa abbandonandomi, lei era solo una donna di strada.
Una di quelle facili con cui si era divertito che gli aveva lasciato, di conseguenza, una “ piccola ” sorpresa.
Non mi abbandonò, forse perché anche lui provava pietà, ma non posso nemmeno dire che fosse stato un buon padre. Era sempre ubriaco, quel che potevamo permetterci era scarso e non era mai riuscito a mantenere un lavoro per più di due settimane.
Per la sua incompetenza, abbia dovuto cambiare diversi appartamenti e, spesso, siamo dovuti scappare lasciando l'abitazione per via dei troppi ritardi per l'affitto che non riusciva a colmare. Qualche buona anima aveva pietà di me, quindi davano spesso tempo per pagare, mentre altri no.
Mi sentivo spesso usato su questo lato.
Quando divenni abbastanza grande, mio "padre" mi costrinse a lavorare. Se volevo studiare, dovevo guadagnarmi il mio diritto di istruzione e cosi feci. A tredici anni, trovai il mio primo lavoretto come divulgazione di volantini per la strada. Ricordo bene che erano dei tagliandi su alcuni sconti sui capi di abbigliamento.
Fu quella, la mia prima occupazione.
Ma quei pochi soldi che riuscivo a racimolare, a fine mese, finiva quasi sempre nelle mani di mio padre. Secondo lui non sarei stato in grado di amministrare quel piccolo guadagno e doveva pensarci lui.
Conseguenze?
Finì con il non avere alcuni materiali per la scuola, arrivando persino in ritardo anche con il pagamento della tassa scolastica. In più,andai spesso senza il pranzo a scuola.
Quei soldi finivano sempre in alcool e scommesse che quell'uomo faceva, sperando in una " Dea bendata della fortunata " inesistente.
Non fu lui ad insegnarmi come arrivava la fortuna.
Imparai da me che essa, la Fortuna, andava creata.
Così iniziai a mettere da parte una piccola somma di ciò che guadagnavo, con la scusa del fatto che il lavoro diminuiva è così anche la paga.
Questo non gli piacque, ma non lo fermò nemmeno dal fare scommesse e, ben presto, ci trovammo nuovamente sommersi nei debiti.
Stavolta, con mia amara sorpresa, non scappammo, non fuggimmo. Fu soltanto lui a scappare via, lasciandomi in quella fredda mattinata da solo in quel minuscolo appartamentino.
Mi abbandonò senza lasciare nemmeno un biglietto o qualcosa che potesse rassicurarmi che sarebbe ritornato a casa o, nel più probabile dei casi, che saremo fuggiti nuovamente insieme.
Ma quel giorno non arrivò mai e smisi di sperare o di attendere.
Ovviamente venni cacciato anche da quella casa e mi ritrovai a dormire sulle panchine dei parchi, portando appresso le poche cose che erano mie, uno zaino con i libri ed una piccola valigetta con dentro quei pochi risparmi ed i miei pochi e vecchi vestiti.
Il mio soggiornare fuori non durò a lungo, perché una signora che conoscevo e che faceva lo stesso mio lavoro, mostrò compassione e mi consigliò un suo cugino che aveva un piccolo appartamento non molto distante dalla Stanzione ferroviaria.
Inizialmente non sapevo se fosse stata una cosa giusta, ma cosa potrebbe fare di più un ragazzo di tredici anni?
Così mi affidai alla buona sorte e mi presentai all'indirizzo che quella donna mi lasciò.
Conobbi lì il figlio del padrone di casa, di tre anni più grande di me, che non fece troppe domande sul mio conto, dicendo a suo padre che era meglio avere qualcuno di giovane in questo palazzo che gente zoticona e di vecchia moda.
In effetti, in quel piccolo palazzo non molto lontano dalla stazione, vivevano quasi persone anziane e spesso strane.
Dissi sincero che non avevo un'occupazione fissa e che potevo dare solo quei pochi risparmi messi da parte, ma posso dire che, la buona sorte, era stata dalla mia.
L'uomo non prese tutto quello che avevo, ma solo una metà, lasciandomi l'altra per pagarmi da mangiare e quelle piccole emergenze, se fossero accadute.
Non mi disse mai quanto ammontava l'affitto, ma mi lasciò vivere in quel piccolo appartamento del terzo piano composto da una sala, con un piccolo angolo da cottura, una camera piccola e un bagno, anch'esso piccolo.
Trovai finalmente un posto che potei chiamare casa, per la prima volta e senza avere paura di essere sbattuto fuori oppure nascondere i miei guadagni.
Ma non tutto va sempre per il verso giusto, no? Sarebbe stato come vivere in una favola, ma la vita non è una favola.
Alcune persone con cui mio padre aveva contratto dei debiti, riuscirono a rintracciarmi e, pensando che lui vivesse con me, iniziarono a minacciarmi e a minacciarlo.
Continuai a spiegare che mio padre era scappato di casa tempo fa, un anno fa, ma loro non mi credettero.
«O ci devi i nostri soldi o ti vendiamo e ricaviamo ciò che abbiamo perso.»
Iniziai a tremare e cercai di pensare ad una soluzione. Dovevo assolutamente trovare un'altra occupazione e dissi di darmi un po' di tempo, che avrei trovato un modo per dare loro quei soldi.
Ancora una volta, la sorte fu dalla mia, ma non avevo molto tempo a disposizione.
La mia unica scelta, affiancata da quel lavoro con i volantini, era di lavorare di notte, visto che la mattina andavo a scuola e mai avrei rinunciato ai miei studi.
Speravo con tutto il cuore di poter diventare un ottimo ballerino o magari un insegnante d'asilo.
Così mi misi all'opera e cercai un'occupazione, trovandola dopo vari tentativi in un pub notturno come cameriere.
Quel clima non era il massimo, ma la paga mi permetteva di pagare piano piano il debito che mio padre aveva lasciato sulle mie spalle ed evitare così di finire venduto.
Erano sei ore, dalle nove di sera fino le tre del mattino, in casi particolari fino le quattro del mattino, poiché davo una mano a pulire quando necessitava.
Conduco questa vita da tre anni e molti si stupiscono come faccia a reggermi ancora in piedi e a continuare a studiare la mattina.
Ma se sei determinato, ogni cosa è possibile.
Ma ora che ho raccontato il “ grosso ” della mia esistenza, torniamo a dove vi ho lasciati.
... Dove, esattamente?
Ah! La rincorsa all'ultimo minuto verso la fermata del bus.
«YAAAAH! FERMO!» l'avevo visto giusto in tempo, quando svoltai l'angolo ed iniziai a correre il più veloce che potei.
L'avevo detto che, anche oggi avrei perso il bus, no?
Alla guida c'era anche quel autista barbuto ed antipatico che non si fermava nemmeno se lo imploravi, anzi, accellerava solo per il giusto gusto di guardare la gente correre come dei dannati dietro al suo bus.
«HO DETTO DI FERMARTI!» non potevo perderlo ancora, continuavo a ripetermelo. Ormai, quel rottame a quattro ruote aveva iniziato a muoversi e le mie gambe non riuscirono a mantenere il loro ritmo iniziale, rallentando ma facendo un bel tratto di strada inseguendo il veicolo.
«Maledizione!» mi fermai, con il mio mezzo verso la scuola ormai distante e con il fiato corto per quella inutile corsa.
Avrei dovuto aspettare altri venti minuti per l'arrivo del prossimo bus.
Anche quel lunedì avrei dovuto assopirmi le dure parole del professore di Storia.
Anche quel solito lunedì.
Angolo autore
Ecco il primo capitolo di questa fanfiction. ~
Premetto che è la prima volta che faccio una fanfiction con questo pairing, ma spero che sia di vostro gradimento.
Fatemi sapere cosa ne pensate e, se è possibile ( 🙏🙏🙏🙏🙏 VI PREGO, VI PREGO, VI PREEEEGO ) condividetelo con chi potrebbe amare questa coppia ed il genere ( così anche per slave ).
And...
Grazie a tutti e alla prossima ❤
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